La prima retrospettiva di Agnes Martin dal 1994, alla Tate, racconta in tutte le sue declinazioni il suo delicato minimalismo, un po’ figlio di Mark Rothko. La pittrice canadese – come si legge nel sito del museo londinese – è nota per i quadri dalle sottili linee a matita con colori pallidi.
Il suo stile controllato è stato sostenuto da una profonda fede nel potere emotivo ed espressivo dell’arte. Senza la consapevolezza della bellezza, dell’innocenza e della felicità – ha scritto Agnes Martin – non si possono fare opere d’arte.
Agnes Martin ha vissuto e lavorato a New York, diventando una figura chiave nell’ambiente degli Astrattisti, a prevalenza maschile, negli anni Cinquanta e Sessanta. Poi, nel 1967, proprio mentre la sua arte guadagnava consensi, abbandonò la città e andò in cerca di solitudine e di silenzio. Per quasi due anni viaggiò Stati Uniti e Canada, prima di stabilirsi definitivamente in New Mexico; come Georgia O’Keeffe, Mark Rothko, DH Lawrence e Edward Hopper aveva fatto prima di lei.