Magia e disincanto, secondo Ophüls

«Amo moltissimo il cinema di Max Ophüls. Lo metto al primo posto. Mi piacciono moltissimo i suoi inusuali movimenti di macchina che sembrano andare avanti all’infinito, in scenari da labirinto», arrivò a dire Stanley Kubrick di lui. Oltre ai movimenti di macchina non sono l’unica abilità di Max Ophüls. C’è anche la sua fotografia speciale, che infittisce di mistero scene e piccoli dettagli. A proposito dei quali una volta disse: «Dettagli, dettagli, dettagli! Il più insignificante, il più discreto è spesso il più suggestivo, caratteristico e addirittura decisivo. Dettagli esatti, un picco nonnulla fatto con arte, creano l’arte».

Se Le plaisir ha i movimenti di macchina forse più complessi nella storia del cinema, il successivo Madame de… da un racconto di Louise de Vilmorin, mostra il curioso percorso di alcuni gioielli che, passando di mano in mano, ritornano al punto di partenza, in una specie di girotondo che offre al regista l’occasione di descrivere l’incertezza dei sentimenti e delle fortune con eccezionali movimenti della cinepresa, la cui eleganza nasconde ancora una volta il gioco amaro della vicenda raccontata.

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Ophüls trasforma il senso quasi decadente dei gioielli in qualcosa di consapevole e profondamente personale. Nel suo stile levigato ci mostra un mondo stravagante nel quale gli orecchini diventano simbolo della tragedia nazionale. Nella famosa sequenza del ballo riesce a suggerire prima l’allegria della danza di Madame De con il suo amante (Vittorio de Sica), poi la profondità del loro amore reciproco, e infine il disastro imminente. E la scena finisce nel buio. Insomma il giro di valzer e la storia all’apparenza frivola del film, descrive uno stile – con le parole dello stesso Ophüls – solo superficialmente è superficiale. Il tutto con Christian Matras come magistrale direttore della fotografia. 

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