Parlando delle foto dei teatri vuoti di Sugimoto – paragonate a quelle sullo stesso tema di Diane Arbus – Geoff Dyer scrive che con lui «si arriva al concetto opposto di quello che non si può vedere: la luminosità assoluta. Forse qui avviene qualcosa di filosofico: qualcosa che ha a che fare con l’idea orientale dell’illuminazione (l’esperienza di essere nella luce) mentre il flusso di immagini si dissolve, trascende se stesso lasciando dietro di sé questo bianco abbagliante». Ecco, le sue immagini colpiscono soprattutto per questa idea della luce che trascende le immagini, che è insieme pura astrazione e pura presenza. Un’dea orientale del vuoto , nel quale si dà consistenza, aldilà di forme quasi impalpabili, a qualcosa che è insieme energia e durata oltre il tempo.
Un’occasione per ripercorrere le immagini del grande maestro giapponese è la mostra antologica (dall’8 marzo al 7 giugno 2015 alla Fondazione Fotografia Modena).

Hiroshi Sugimoto
Photogenic Drawing 017, 2008
stampa virata ai sali d’argento, 93,7×74,9 cm
courtesy l’artista