Nei giorni in cui il famoso settimanale Usa Sports Illustrated annuncia il licenziamento dei suoi sei fotografi assunti – decisione presa, fanno sapere, per una ristrutturazione imposta dalla situazione economica ormai insostenibile, e che porterà all’utilizzo dei fotografi freelance – la World Photography Organisation lancia annuncia un nuovo premio dedicato alla fotografia via cellulare. Segnali che vanno nella direzione di una tendenza ‘leggera’ della fotografia, meno costosa da una parte e più tecnologicamente duttile dall’altra. Se il primo cambiamento non ci fa sperare sul futuro e anzi mortifica la professionalità senza peraltro garantire su quella dei freelance prescelti, il secondo non ha controindicazioni negative, checché ne pensi Roberto Cotroneo, che qualche tempo fa scriveva nel post Scattare foto orribili senza saperlo tutto il male possibile della fotografia fatta con gli smartphone. Ora , è evidente a molti che si possono fare foto orrende con una macchina stupenda e scatti stupendi con un cellulare. Se non lo fosse abbastanza, basta sfogliare le immagini dei molti professionisti che socializzano i loro scatti in movimento su piattaforme social. Un esempio su tutti, David Guttenfelder.
Le sue foto di grande impatto nonostante siano ‘ristretti’ nel mondo Instagram fanno pensare seriamente alle trasformazioni in atto nel mondo della fotografia. Perché David Guttenfelder (scelto nel 2013 da TIME come fotografo Instagram dell’anno) non è proprio uno sconosciuto. Pluri-premiato al World Press Photo, ha viaggiato il mondo per l’Associated Press tra guerre e disastri naturali. Da quando lavora nella Corea del Nord – nel 2013 ha avuto il permesso, tra i primi fotografi stranieri – ha conquistato un nuovo pubblico, con oltre 672mila followers su Instagram. Questo Paese isolato, governato da un regime paranoico e brutale, è affascinante per il mondo esterno. E così chiuso e sigillato contro occhi estranei, che per anni l’ immagine dominante è stata la propaganda stalinista su schermi enormi, in occasione di eenti come i Giochi annuali del popolo, che ne ha fatto sempre meno una nazione di persone reali e più uno spettacolo totalitario inquietante, avvolto intorno ai miti e ai culti della dinastia regnante Kim. Guttenfelder raccontava a TIME di sentire una grande responsabilità raccontando un Paese così sconosciuto. La Corea del Nord non è il posto in cui un giornalista si aspetta di scattare una bella foto. Soltanto quando metti insieme più immagini salta fuori qualcosa di interessante. Come un puzzle che prende lentamente forma. Nelle sue immagini, come quella sopra, vediamo il vuoto spettrale di isolati orwelliani a Pyongyang. Dettagli di un universo kitsch, di malinconica surrealtà. E tutto questo con uno smartphone. (sotto, un suo scatto nel Montana)