Avedon, o l’erotismo seduttivo nel ritratto – Beyond Beauty, Gagosian

Ogni volta che mi concentro sulla bellezza di un viso, sulla perfezione di ogni singolo dettaglio, mi sembra come se non potessi cogliere cosa ho di fronte, sedotto dallo standard di bellezza dell’altro o dalla sua opinione su quali siano le sue migliori qualità. E di solito questo non è mai auspicabile. Così ogni sessione diventa una sfida. Con Avedon: Beyond Beauty (27 febbraio-11 aprile 2015) la Gagosian Gallery a Roma presenta una retrospettiva con la maggior parte delle fotografie di moda e molti dei suoi iconici ritratti femminili. Giovane assistente fotografo della Marina Mercantile Americana durante la Seconda Guerra Mondiale, Avedon comincia dalle foto identificative. Penso di aver ritratto centomila volti prima di diventare un fotografo. In seguito, con grande padronanza di ambienti e circostanze, e rifiuta  la distinzione tra fotografia artistica e commerciale. Che fossero ritratti di personaggi famosi, scatti pubblicitari di marchi commerciali, o intensi reportage culturali e politici sulla povertà, la guerra, le questioni razziali., i suoi lavori hanno sempre un grande impatto.

La fiducia e la complicità tra Avedon e i suoi soggetti, sempre nel segno dell’audace sperimentazione, sono ancora più evidenti negli scatti nati nella neutrale essenzialità dello studio. Per Avedon il ritratto – come spiega lui stesso – ha a che fare con la manipolazione “radicale” della superficie, per andare aldilà di essa, e con la sfera sessuale.

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© The Richard Avedon Foundation

«(…) Il ritratto è rappresentazione, è come ogni rappresentazione, nell’equilibrio dei suoi effetti è buona o cattiva, non naturale o innaturale. Posso capire che quest’idea  – che tutti i ritratti siano rappresentazione – sia fastidiosa, perché sembra suggerire una sorta di artificio, atto a celare la verità su chi viene ritratto. Ma non è affatto così. Il punto è che non si può arrivare all’oggetto in sé, alla vera natura di ciò che ritrai, spogliandolo della superficie. La superficie è tutto ciò che abbiamo. Si può andare oltre la superficie solo lavorando con essa. Tutto quello che si può fare è manipolare la superficie – gesti, costumi, espressioni – in maniera radicale e appropriata. (…)

In ogni ritratto c’è una componente di attrazione sessuale: nel momento in cui ci si ferma a guardare, si è stati sedotti. È un ritratto si può guardare con una intensità che nella vita reale non è concessa. Esiste una circostanza in cui si può fissare per mezz’ora la duchessa di Alba senza morire per mano del duca? Io sono del parere che ogni ritratto dovrebbe contenere un elemento  erotico che abbia a che fare con lo scontro. (…)»

(da Roberta  Valtorta, Il pensiero dei fotografi, Bruno Mondadori, pag. 186)