Dopo Roma, Firenze e Genova arriva a Milano (Spazio Oberdan) la mostra Robert Capa in Italia; 78 immagini in bianco e nero scattate appunto nel biennio 1943-1944. Le immagini raccontano lo sbarco degli Alleati in Italia con occhio attento alla gente comune – militari e civili – in atteggiamenti naturali e drammatici.
Un viaggio fotografico che dallo sbarco in Sicilia nel 1943 si spinge fino ad Anzio, per arrivare al 1944 e rivelare le tante facce della guerra, abbandonando la retorica per spingersi dentro il cuore del conflitto. Come spiega John Steinbeck: Capa sapeva cosa cercare e cosa farne dopo averlo trovato. Sapeva, ad esempio, che non si può ritrarre la guerra, perchè è soprattutto un’emozione. Ma lui è riuscito a fotografare quell’emozione conoscendola da vicino.
Ecco come Andrea Camilleri lo ricorda.
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«Appena la prima jeep americana arrivò, nel luglio del ’43, a Serradifalco dove la mia famiglia si trovava sfollata, agguantai una bicicletta e mi diressi verso il mio paese, Porto Empedocle, per avere notizie di mio padre che era rimasto lì durante lo sbarco alleato. Fu un viaggio allucinante, colonne americane fatte di carri armati giganteschi, camion stracolmi di soldati, cannoni, viveri, munizioni, jeep lanciate a velocità folle andavano verso il fronte, in senso inverso al mio e spesso mi trovai dentro un fosso o su un prato.
Traversai paesaggi di morte. Uno ne ricordo in particolare, un uliveto dove era avvenuto uno scontro tra carri armati italiani e carri armati americani. Tutto appariva bruciato, di un colore nero-marrone scuro; dentro i nostri carri, vere scatole di sardine sventrate, c’erano ancora i corpi dei nostri soldati. Arrivato in paese, seppi che mio padre era salvo, si trovava sul porto. Non ebbi la forza di andare da lui, mi diressi verso casa, avevo l’assoluta necessità di lavarmi, di distendermi su un letto. Ma dal portone di casa si partiva e procedeva lungo le scale un’ordinata fila di soldati americani ognuno munito di sapone e asciugamano: avevano scoperto che il mio appartamento era uno dei pochi muniti di vasca da bagno e doccia e lo stavano adoperando. Spiegai chi ero (quasi tutti erano figli di siciliani emigrati negli Usa e parlavano il dialetto) e mi cedettero immediatamente il primo posto nella fila. Continua a leggere