4 è un lavoro originale (anche nel packaging), nato da due collettivi: i fotografi di Terra Project, e gli scrittori Wu Ming. Il libro, autofinanziato, racconta un percorso attraverso l’Italia che alterna scrittura e fotografia, con una logica che gli autori spiegano qui. Le immagini sono come “tarocchi narrativi”, spiegano. “Non le storie immortalate dalle inquadrature – ché per quelle parlano già le foto – ma intrecci nuovi, monologhi dove i singoli elementi narrano in prima persona e gli uomini non sono mai protagonisti”. Intervista alla curatrice, Renata Ferri
Com’è nata l’idea di questa narrazione per immagini?
Dall’incontro tra TP e Wu Ming, dal desiderio di raccontare l’Italia sperimentando un utilizzo differente delle immagini che avevano prodotto nei precedenti quattro anni. Io sono stata chiamata a scavare in questa mole di lavoro cercando un filo visivo per offrire l’occasione della scrittura.
Quattro racconti – suddivisi in Acqua Terra Fuoco Aria – che sono mini reportage di denuncia, mostrano un territorio abbrutito , inquinato cementificato. Eppure le foto hanno un loro fascino sinistro…
Le immagini sono nate come documentazione dello stato del Paese. Prodotto a volte per su commissione, altre per progetti personali, altre ancora per caso. Non possiamo oggi definirli mini reportage, piuttosto immagini singole che si concatenano per mano della scrittura che le rende protagoniste del racconto. Il fascino sinistro è dato forse da immagini poetiche che mantengono un contenuto in qualche modo doloroso.
Il linguaggio scritto è discorsivo e molto vivace. E’ stato difficile armonizzare i testi alle fotografie?
E’ stato molto difficile e molto lungo. Sono partita dall’editing di immagini tanto differenti tra loro: piene di gente, cotiche, vuote, semplici, misteriose. Molte descrittive altre completamente surreali. E’ stato complicato lavorare per sottrazione fino ad arrivare al 10% di tutto quel materiale.
La scelta del formato quadrato, così come il tema del paesaggio italiano , evocano Luigi Ghirri. Perché il quadrato?
Questa forse è una domanda che dovrebbe fare agli autori. Per conoscenza posso dire che tutta la loro produzione collettiva è legata al formato quadrato, alla necessità di fare pulizia, di sottolineare la scelta del soggetto e i suoi confini.
Wu Ming è un collettivo di scrittori ‘Senza nome’. TerraProject è il collettivo di fotografi che però non firmano le singole foto. Una scelta che sembra mortificare il narcisismo degli autori, o piuttosto mettere in primo piano solo il lavoro?
Credo nasca dal desiderio di condivisione e di messa in discussione del fare fotografia. Per quanto riguarda i Terra Project, lavorano anche singolarmente ognuno su propri progetti ma nel momento in cui lavorano collettivamente la necessità è quella di spostare l’attenzione sul soggetto del lavoro e utilizzare ognuno di questi progetti come un percorso di confronto e di crescita anche individuale.
Questo lavoro mette insieme narrativa e fotografia in modo inconsueto. In passato ci sono stati esempi di abbinamento tra scrittura e fotografia. Roland Barthes univa saggistica, autobiografia e fotografia . Secondo lei è una strada possibile anche in tempi mediatici così accelerati e visivamente bulimici?
Credo sia una strada obbligata quella di cambiare velocità, sperimentare approfondimenti e linguaggi sincretici. Proprio per l’eccesso di stimoli visivi e per la compulsiva velocità della diffusione delle immagini c’è bisogno di alterare i linguaggi, rallentare i tempi, spiazzare le aspettative. Per non cadere in nuovi conformismi. Rimettere al centro il pensiero, dare spazio alla meditazione, cercare la sostanza e la poetica dei linguaggi.
Ho iniziato a lavorare a 4 nel 2010: una gestazione molto lunga se vogliamo, che oggi cambia passo nella diffusione, corre nella Rete, crea network e vive di vita.